Addio, cara e vecchia plastica. Sembra che in futuro le caratteristiche di versatilità, di resistenza e di leggerezza delle plastiche saranno sostituite da nuovo materiale a basso impatto ambientale: un bio polimero alla chitina, sostanza contenuta nei gusci dei crostacei.

Se a primo acchito potrebbe sembrare fantascienza c’è da ricredersi a leggere i risultati di ChiBio, un progetto triennale cofinanziato (con quasi tre milioni di euro) dal dipartimento Ricerca e innovazione della Commissione Europea.
L’attività di ricerca – portata avanti dalla Germania (nazione leader), insieme ad Austria, Norvegia, Irlanda e Repubblica Ceca, nonché da alcune industrie chimiche e da vari player attivi nella pesca dei crostacei – ha individuato un’innovativa tecnologia per estrarre e trasformare la chitina dal guscio dei granchi e dei gamberi (derivanti dagli scarti dell’industria alimentare).

In sostanza, i crostacei hanno nel loro esoscheletro molta chitina, che è un polisaccaride, cioè un polimero composto da molecole di zucchero. Queste ultime possono essere “manipolate” per produrre molecole differenti. Così attraverso trattamenti chimico-enzimatici, la chitina può assumere la consistenza di oli piuttosto grassi, che a loro volta, subendo dei trattamenti di polimerizzazione, diventano un bio polimero con performance elevate, tali da potersi sostituire alle caratteristiche delle comuni plastiche.

Il prossimo step è rendere questo processo competitivo a livello economico, così da rendere il bio polimero utilizzabile a fini industriale. Tra l’altro, se la ricerca dovesse raggiungere il nobile obiettivo non solo si ridurrebbe l’inquinamento collegato al comparto della plastica (prodotta da fonti fossili), ma si troverebbe una soluzione al problema rifiuti organici grezzi, effetto collaterale di alcune lavorazioni dell’industria alimentare. Basti pensare che nel Vecchio Continente solo di gusci di crostacei si producono oltre 750mila tonnellate all’anno.

Anna Simone