di Anna Simone

In un impianto pilota si sta sperimentando la depurazione di acque reflue con nanoparticelle di ferro zerovalente.

Si tratta di un nuovo processo di trattamento e affinamento dei reflui: attraverso la carbonizzazione idrotermica si producono delle nanoparticelle di ferro zerovalente incapsulate in una matrice carboniosa ricavata da biomassa microalgale.

L’obiettivo è di migliorare le prestazioni degli impianti di depurazione nella rimozione dei microinquinanti emergenti e dei metalli, e nello stesso tempo rendere più efficace l’abbattimento dell’azoto. Il tutto a costi contenuti rispetto alle soluzioni tradizionali.

Il progetto

La sperimentazione in questione è legata al progetto PerFORM WATER 2030, la prima piattaforma di ricerca e sperimentazione nata in Italia per affrontare le sfide del servizio idrico integrato.
Tra le varie linee di ricerca sta sviluppando metodi di rimozione di microinquinanti inorganici e organici emergenti (ad esempio farmaci e composti perfluorurati) tramite adsorbimento su carbone attivo, processi di ossidazione chimica e utilizzo di microalghe e nanoparticelle.

Il progetto si incentra sull’inserimento di colture algali nel ciclo della depurazione idrica e sull’utilizzo della biomassa algale coltivata sull’effluente della disidratazione del fango dell’impianto di depurazione per la produzione di nanoparticelle di ferro zerovalente. Queste sono incapsulate in carbonio tramite Hydrothermal Carbonization o carbonizzazione idrotermica.

Queste specifiche nanoparticelle incapsulate funzionano sia come adsorbente sia come agente riducente perché capaci di degradare alcune molecole organiche e di ridurre i metalli che, in alcuni casi, possono poi essere rimossi tramite precipitazione.
Le nanoparticelle di ferro zerovalente incapsulate in matrice carboniosa concretizzano una via percorribile per la depurazione delle acque reflue: si tratta di un nanomateriale caratterizzato da una sfera di carbonio che protegge una sezione interna composta da ossidi di ferro e un nucleo di ferro metallico.

I mix di entrambe le componenti dà alle nanoparticelle elevata capacità adsorbente e potere riducente. Inoltre, il ferro metallico conferisce proprietà magnetiche che permettono un facile recupero delle nanoparticelle di ferro incapsulate nella matrice carboniosa dopo l’utilizzo.

I vantaggi del sistema di depurazione con nanoparticelle di ferro

Tutto ciò non potrebbe esserci senza carbonizzazione idrotermica, il processo termochimico che avviene a temperature e pressioni contenute rispetto a quelle di altri processi (T=180-250 °C e P= 10-35 bar) per convertire un substrato organico in un materiale carbonioso ben strutturato.

La peculiarità della biomassa algale, tra cui la presenza di polifenoli, è l’ideale perché garantisce al sistema il potere riducente necessario a ridurre il ferro, aggiunto in sede di sintesi, a ferro metallico, senza l’utilizzo di altri additivi chimici. La biomassa umida e il ferro, in specifiche condizioni di sintesi, subiscono una serie di reazioni chimiche da cui si formeranno microsfere e nanosfere di carbonio al cui interno c’è il ferro intrappolato.

PerFORM WATER 2030 prevede di individuare le migliori condizioni operative per la sintesi di nanoparticelle, la caratterizzazione dei migliori prototipi e il loro utilizzo nella rimozione di microinquinanti emergenti e metalli pesanti a scala di laboratorio.

Depurazione con microalghe e nanoparticelle: a che punto siamo

Ricorrere alle microalghe per la depurazione delle acque reflue è una soluzione che suscita interesse nella comunità scientifica; finora sono state usate alcune specie che hanno degradato diverse classi di contaminanti emergenti attraverso il loro metabolismo.

Una via meno battuta è la valorizzazione della biomassa algale per la realizzazione di soluzioni tecnologiche da applicare al campo della depurazione delle acque.
La sintesi di nanoparticelle di ferro incapsulate in matrice carboniosa, sperimentata nel progetto PerFORM WATER 2030, si inserisce proprio in questo contesto.

L’uso del ferro zerovalente è noto già da tempo nell’ambito dei trattamenti chimico-fisici dei siti contaminati. È usato soprattutto con le barriere permeabili reattive, una tecnologia di bonifica il cui principio di base consiste nell’intercettazione del flusso idrico contaminato mediante barriere capaci di sottrarre allo stesso i contaminanti grazie a diversi meccanismi (reazione, precipitazione, adsorbimento) e impedirne il trasporto nelle zone circostanti.

Anche il ricorso alle nanoparticelle di ferro zerovalente non è una tecnologia nuova: avendo dimensioni estremamente piccole (1-100 nm) e un’area superficiale molto grande (33.5 m2/g), queste nanoparticelle sono altamente reattive e indicate per il trattamento di Solventi clorurati, PCB, Pesticidi clorurati, etc.

Tuttavia, solo negli ultimi anni si è posto l’accento sulla modifica di questi nanomateriali per migliorarne le proprietà chimico fisiche e l’efficacia in applicazioni come quella che prevede di incapsulare il ferro all’interno di sfere di carbonio.