L’industria petrolifera è costantemente nel mirino degli ambientalisti: all’estrazione dell’oro nero sono stati collegati guai ambientali di vario genere, e periodicamente accadono disastri petroliferi che con la dispersione del petrolio in natura provocano enormi danni.

Tanta attenzione ha però spinto l’industria petrolifera, se non altro in Europa, a seguire regole ben precise per controllare i processi e minimizzare i rischi. Secondo il Rapporto Ambientale 2013 di Assomineraria, che riunisce le imprese italiane che lavorano alla ricerca e all’estrazione di minerali e petrolio, l’industria petrolifera nel nostro paese lavora nel rispetto dell’ambiente.

La situazione in Italia

Oggi in Italia l’87% dell’olio viene estratto sulla terraferma, al sud, mentre il gas viene per il 71% dal Mare Adriatico e l’estrazione di petrolio e gas potrebbe addirittura essere potenziata senza che aumenti l’impatto ambientale.

Secondo gli studi condotti, infatti, al momento le risorse del sottosuolo non vengono sfruttate appieno e entro il 2020 sarebbe possibile raddoppiare la produzione di idrocarburi senza dover aumentare il numero di impianti, semplicemente sfruttando meglio quelli che già ci sono.

Nell’industria petrolifera un aspetto molto delicato è quello della sicurezza sul lavoro. Ci sono pratiche come il flaring e il venting che sono necessarie per garantire la sicurezza dei dipendenti, ma comportano una dispersione nell’ambiente di gas e olio.

Il flaring è un sistema di sicurezza che in caso di emergenza permette di scaricare gli idrocarburi leggeri; in alcuni paesi è utilizzata anche per eliminare il gas di troppo, quello che non si riesce a trasportare, ma in Italia l’uso è limitato alla sicurezza.

Anche il venting, che altrove prevede che si disperdano nell’atmosfera gli idrocarburi volatili quando non c’è modo di trasportarli, nel nostro paese è usato soltanto in caso di manutenzione e svuotamento delle apparecchiature.

Nell’industria petrolifera vengono prodotti meno rifiuti che in altri settori, e nei limiti del possibile questi vengono recuperati. Gli scarti di perforazione non pericolosi vengono riutilizzati in cementifici e nel settore delle costruzioni, mentre i rifiuti pericolosi, che rappresentano il 10,9% del totale, sono smaltiti in impianti predisposti allo scopo.