L’obiettivo è ridurre di due terzi lo spreco di acqua nell’industria alimentare, la soluzione è una nanomembrana in nylon 6 a basso costo, ma efficace per filtrare batteri e residui nei liquidi. La scoperta è dovuta a due ricerche del Food pilot lab della Libera Università di Bolzano, pubblicate sul Journal of food engineering, rivista scientifica internazionale.

Il team di ricerca ha studiato un nano-tessuto non tessuto ottenuto in laboratorio con la tecnica dell’elettro-filatura, che garantisce un’alternativa ai processi di filtraggio tradizionali – in cui vengono usati sali inorganici e basse temperature – che aiuta a ridurre l’impatto ambientale della produzione di alimenti, perché riduce il consumo di acqua.

Il progetto per la nanomembrana

La conformazione molecolare della nano-membrana di nylon 6 – prodotta a costi bassi – permette di realizzare un filtraggio dei liquidi da batteri e altri residui in modo più efficace rispetto alle tecniche attualmente utilizzate dalle aziende del food.

“Osservando al microscopio la membrana, si nota che la disposizione casuale delle nano fibre consente di ottenere una superficie considerevole, in grado di trattenere una maggiore quantità di particolato. Nello stesso tempo, il filtro nano strutturato ha minore resistenza al flusso rispetto ai filtri tradizionali, garantendo una migliore e rapida chiarificazione del liquido alimentare”, spiega Matteo Scampicchio, responsabile del Laboratorio di tecnologie alimentari.

A titolo di esempio, per produrre un litro di succo di mele occorrono da tre a nove litri di acqua, usata per lavare le mele, pulire gli impianti o come fluido riscaldante per le operazioni di pastorizzazione. “Sono quantità idriche importanti – spiega Scampicchio – che vengono sprecate perché usate una sola volta. Per riciclare l’acqua di lavaggio della frutta esistono già delle soluzioni, tra cui l’uso di lampade a ultravioletti, però hanno costi di gestione elevati. Al contrario, il filtraggio dell’acqua di lavaggio con la membrana nanostrutturata permette di risolvere quest’inconveniente, visto che è low cost”.

Attualmente, il team del professor Scampicchio sta lavorando su membrane prodotte con polimeri sintetici come nylon, acetato di cellulosa e polietilene. In futuro, l’idea è di creare anche membrane naturali, usando il chitosano (sostanza ottenuta dal guscio di granchi e gamberi), la zeina (ottenuta dalla lavorazione del mais) e il collagene (sostanza ottenuta dai residui della carne trasformata).

Anna Simone

Foto di copertina: Matteo Scampicchio, Professore per Fruit Technology e Fruit Processing, Facoltà per scienze naturali e tecnologia © unibz