La notizia è di quelle che lascia stupefatti: alcuni ricercatori dell’università statunitense Purdue university hanno migliorato la tecnologia delle batterie al litio sfruttando il polline, sostanza naturale prodotta da quelle piante che si riproducono attraverso un seme.

“I risultati di ricerca – spiega Vilas G. Pol, professore associato presso la Facoltà di Ingegneria chimica alla Purdue e coautore della ricerca insieme al dottorando Jiliang Tang. – hanno dimostrato che i pollini potrebbero produrre complesse architetture in carbonio adatte agli elettrodi negativi nei dispositivi di accumulo di energia”.

Come sono fatte le batterie al polline

Le batterie hanno due elettrodi e cioè un anodo e un catodo. Gli anodi nella maggior parte delle attuali batterie agli ioni di litio sono in grafite, elemento costoso e sempre meno disponibile nelle miniere estrattive. I ricercatori della Purdue university hanno ovviato al problema con l’aiuto della natura, utilizzando le microspore per realizzare nuovi anodi al carbonio.

Nello specifico hanno sperimentato due tipi differenti di polline: quello della Tifa, erbacea acquatica perenne, e quello delle api. “Entrambi sono disponibili in abbondanza – osserva Pol – il filo conduttore è che vogliamo imparare qualcosa dalla natura che potrebbe essere utile nella creazione di migliori batterie con materie prime rinnovabili“.

I ricercatori hanno processato i pollini a temperature elevate in una camera contenente gas argon tramite la procedura della pirolisi. Il processo permette di ottenere strutture in carbonio puro nella forma originale delle microspore polliniche. In seguito, le particelle sono state trattate, o “attivate”, con riscaldamento a temperatura inferiore – circa 300 gradi Celsius – in presenza di ossigeno, per formare dei pori nelle strutture di carbonio e aumentare la loro capacità energetica di immagazzinamento. I risultati, pubblicati sulla rivista scientifica Nature, hanno dimostrato che partendo dalla capacità teorica della grafite che è 372 milliampereora per grammo, loro hanno raggiunto 200 milliampereora dopo un’ora di carica, tra l’altro testando il carbonio sia a 25 gradi C° sia a 50 gradi C° per simulare climi differenti.

“Ciò perché il degrado delle batterie legato al clima è un dato di fatto. La strada è ancora lunga, al momento sappiamo che i pollini di Tifa funzionano meglio dei pollini d’ape e abbiamo introdotto un concetto affascinante, ma sono necessari ulteriori lavori per capirne gli sviluppi e inquadrare le applicazioni pratiche”, ha concluso Pol.

http://www.nature.com/articles/srep20290

Anna Simone