L’espressione “materie plastiche” è stata introdotta nel 1909 e viene comunemente usata come sinonimo di polimeri. Rispetto ai metalli, quest’ultimi sono generalmente caratterizzati da bassi valori di densità, resistenza, rigidezza, conducibilità elettrica e termica, da una buona resistenza all’attacco chimico e da un elevato coefficiente di dilatazione.

Solitamente i polimeri possono essere utilizzati a temperature inferiori ai 350°C e non sono dimensionalmente stabili nel tempo come i metalli. Le materie plastiche, tuttavia, permettono di ottenere forme anche molto complesse con relativa semplicità e generalmente richiedono pochissime operazioni secondarie di finitura superficiale.

Le caratteristiche dei polimeri plastici

Le proprietà di un polimero dipendono:

• dalla struttura delle singole molecole del polimero
• dalla forma e grandezza delle molecole
• da come le molecole sono organizzate nella struttura del polimero

Le molecole polimeriche si distinguono per le loro enormi dimensioni, esse hanno come elemento costruttivo di base il monomero (molecola organica costituita da atomi di carbonio legati con altri atomi), che si ripete per centinaia o migliaia di volte in una struttura a catena formando il polimero.

Altre due caratteristiche importanti delle materie plastiche sono la cristallinità e la temperatura di transizione vetrosa.
La prima descrive la possibilità di conferire al polimero un certo grado di cristallinità che rende il materiale più rigido, più duro, meno duttile, più denso, meno gommoso e più resistente al calore e ai solventi.

La temperatura di transizione vetrosa indica, invece, la temperatura alla quale i polimeri passano da essere duri, rigidi, fragili e vetrosi ad essere gommosi.

La classificazione dei polimeri

I polimeri si possono dividere in varie categorie: in base alle loro proprietà possiamo distinguere tra resine, elastomeri e fibre, mentre in base al comportamento al calore possiamo differenziare tra polimeri termoplastici (lavorabili a caldo e quindi riciclabili) e termoindurenti (che si induriscono a caldo in modo irreversibile).

I polimeri, inoltre, possono essere classificati in base alla forma della catena polimerica in:

• polimeri lineari: tra cui gli acrilici, le poliammide, i polietileni e il cloruro di polivinile;
• polimeri ramificati: le ramificazioni interferiscono con il moto relativo delle catene polimeriche e questo causa un aumento della resistenza alla deformazione e alla rottura. Inoltre, la densità dei polimeri ramificati è inferiore rispetto a quella dei polimeri a catena lineare poiché le ramificazioni ostacolano l’efficienza di compattazione delle catene;
• polimeri reticolati: hanno generalmente una struttura tridimensionale composta da catene adiacenti collegate da legami covalenti. I polimeri a struttura reticolata sono denominati termoindurenti.

strutture a catena dei polimeri

Classificazione dei polimeri in base alla struttura della catena

Il PVC

Attualmente è il polimero che detiene il secondo posto nei volumi di vendita mondiali e ciò è dovuto principalmente alla sua elevata resistenza chimica e alla sua capacità unica di essere mescolato con additivi per produrre un gran numero di preparati con ampio campo di proprietà fisiche e chimiche.

Viene impiegato soprattutto nella costruzione di tubazioni, condutture (in genere per acque di scarico e di processo), valvole, pompe, diaframmi e contenitori di vario tipo.

La presenza del grosso atomo di cloro su atomi alterni di C nella catena principale dà luogo ad un materiale polimerico che è essenzialmente amorfo e che non è in grado di cristallizzare.

Il PVC omopolimero possiede:

  1. resistenza meccanica relativamente alta (52-62 MPa), accompagnata da fragilità strutturale
  2. buone proprietà elettriche (17-51 V/m)
  3. buona resistenza di distorsione al calore (0,45 MPa tra 57-82°C)
  4. elevata resistenza ai solventi
  5. alto contenuto di cloro impartisce al materiale resistenza chimica e resistenza alla fiamma: il PVC, infatti, è autoestinguente

Il PP

Il polipropilene (PP) è la terza materia plastica dal punto di vista dei volumi di vendita, ed è uno dei materiali meno costosi, dato che può essere sintetizzato da derivati petrolchimici grezzi e a basso costo.

La presenza di un gruppo metilico ogni due atomi di carbonio della stessa catena polimerica principale, limita la rotazione delle catene, dando origine ad un materiale più resistente ma meno flessibile. Ha una temperatura di distorsione al calore più elevata, può essere portato tranquillamente a 120 °C senza deformarsi.

Il PP è comunemente usato nell’industria chimica a temperature comprese tra 60 e 90 °C.

PTFE

Il politetrafluoroetilene (PTFE) è un polimero completamente fluorurato, scoperto nel 1938, viene chiamato col nome commerciale di Teflon. Il PTFE è un polimero cristallino molto stabile con punto di fusione di 327 °C.

Le piccole dimensioni degli atomi di fluoro e la regolarità della catena polimerica danno al materiale una compattezza notevole che si rispecchia in una densità tra le più elevate nei polimeri e che va da 2,13 a 2,19 g/cm3.

Il PTFE è eccezionalmente resistente agli agenti chimici ed è insolubile in tutti i solventi organici, ad eccezione di qualche solvente fluorurato. Essendo il legame tra l’atomo di fluoro e quello di carbonio veramente forte, il PTFE ha una caratteristica di forte stabilità che si mantiene anche a temperature elevate.

Le proprietà meccaniche del PTFE restano costanti a partire da temperature criogeniche (-200°C) fino ad arrivare a temperature elevate (260 °C). La sua resistenza agli urti è alta, ma la sua resistenza a trazione, usura e creep è bassa in confronto ad altri tecnopolimeri. Per aumentare la resistenza meccanica si possono utilizzare riempitivi come fibre di vetro.

Il PTFE può essere usato come rivestimento anti-corrosione nei compensatori di dilatazione, nelle pompe, negli scambiatori e in tutti quei componenti che si trovano a contatto con sostanze molto aggressive.