Chi, fra gli operatori di impianti chimici, non ha mai combattuto con la taratura di un pHmetro alzi la mano: la misurazione del pH non è senza difficoltà. Una delle più importanti fra le applicazioni della potenziometria consiste nella determinazione del pH, una variabile d’interesse generale che diventa determinante nella fase di controllo di un processo. Molte reazioni avvengono solo a un determinato valore di pH, lo scarico di effluenti è lecito solo entro certi intervalli di pH.
Il pH varia con la temperatura e, soprattutto, lo strumento di misura va periodicamente tarato utilizzando delle soluzioni a pH noto. È opportuno ricordare che la definizione operativa del pH e la scala di riferimento sono stabilite in base alla misura potenziometrica della concentrazione di ioni idrogeno. Tale misura è possibile utilizzando un elemento galvanico costituito da un elettrodo indicatore dello ione idrogeno e da un elettrodo di riferimento. Il pHmetro è stato inventato, allo scopo di misurare il pH dei succhi di frutta, dal chimico Beckman che poi ha fondato la omonima società che per prima (insieme alla Radiomether) ha commercializzato lo strumento. Il cuore dello strumento è un voltmetro che anziché avere una scala in volt ne ha una in unità di pH.

A pH neutro (7) la sonda non ha potenziale elettrico ed il valore del pH viene impostato utilizzando varie soluzioni tampone (pH costante). Il problema principale di questi primi strumenti risiedeva nell’elevata resistenza dei vetri utilizzati che non permetteva l’uso di elevati spessori. Nel 1946 l’Ing. Manassi brevettò un misuratore di pH a valvole termoioniche, denominato poi Jonosis, perché prodotto dalla società SIS. Con lo Jonosis s’introdusse una vera rivoluzione nelle misure di pH grazie alla grande impedenza in ingresso della valvola termoionicha (centinaia di megaohm). Questo permetteva l’utilizzo di elettrodi di vetro robusti e pratici che ne estendevano l’impiego agli impianti industriali. Per molti anni il principio di funzionamento è rimasto quello originario, anche se le valvole termoioniche sono state sostituite da amplificatori a semiconduttori transistorizzati ed a circuiti integrati.

All’elettrodo per la misura del pH è sempre associato un misuratore di temperatura per permettere la compensazione automatica del valore di pH. Calibrare in laboratorio un pHmetro significa quindi utilizzare, possibilmente prima dell’uso, almeno tre soluzioni tampone e lo strumento viene “aggiustato” fino a che la lettura non corrisponde al valore dello standard utilizzato. Se per un uso da laboratorio è consigliata una taratura prima dell’uso, con un misuratore montato in un impianto, è necessario tararlo almeno con frequenza mensile salvo imprevisti legati alla natura del fluido con cui viene a contatto l’elettrodo. Recentemente, nel caso di un impianto costruito per trattare il percolato prodotto da una discarica, è stato necessario sistemare due pHmetri in serie per tentare di ovviare allo “sporcamento” a volte prodotto dal percolato ricco di acidi umici. Alla fine, per risolvere il problema senza compiere modifiche onerose, è stato aggiunto un pHmetro destinato al “controllo” del primo strumento di misura.